Cina 2011

Cina 2011

prova

In questo blog voglio mostrare il mondo come l'ho visto non solo in sella ad una bicicletta, ma con una filosofia di viaggio "lento" che ben si riconosce in questa frase: "Il cicloturismo è lo stile di viaggio di chi non divora ma gusta, non tracanna ma sorseggia, non guarda ma vede dentro, non fugge ma si ferma."

Corea del Sud 2017


Con una rete di piste ciclabili extraurbane di 2700 km (parte di un progetto più ampio che prevede di arrivare fino a 5000) la Corea del Sud si candida ad essere uno dei Paesi meglio attrezzati al mondo per il cicloturismo. 
Però, in una nazione dove solo il 2% della popolazione usa abitualmente la bicicletta (in Europa la media è del 49 %), la realizzazione di un'opera così costosa, - si parla di 20 miliardi di dollari - e con un potenziale impatto ambientale ( le piste passano in luoghi non ancora attraversati da altre strade), aveva ricevuto parecchie critiche e contestazioni - nel 2012 - all'allora presidente  Lee Myung-Bak. Nonostante ciò  i  successori hanno portato avanti il  progetto e, anche se ancora poco frequentate e poco conosciute al di fuori della Corea del Sud, le piste offrono ai fortunati cicloturisti che vi si recano hanno la possibilità di pedalare su  una pavimentazione perfetta, attraversare gallerie e ponti riservati solo alle bici ed ai pedoni, trovare  stazioni - ad energia solare - per pompare le ruote, bagni e piazzole dedicate  ed in alcuni punti indicazioni sulla lunghezza e la pendenza delle salite!
Quest'anno quindi, finalmente, mi si prospettava una pedalata  facile, senza terribili salite su sterrati impossibili e senza il timore di incontri imprevisti con elefanti od orsi... L'unica preoccupazione riguardava i contrasti politici tra la Corea del Nord e gli Stati Uniti, ma, al momento della prenotazione del viaggio - a febbraio per agosto -, la situazione si presentava ancora relativamente tranquilla. Purtroppo, man mano che la data della partenza si avvicinava, la tensione tra i due paesi continuava a crescere esponenzialmente, tanto che quella che doveva essere una semplice pedalata in una località ancora poco conosciuta si stava trasformando in uno dei miei viaggi più a rischio, in una zona sotto i riflettori di tutto il mondo....
Fortunatamente, arrivati ai primi di agosto, ancora non era successo nulla di grave e quindi ho potuto dare inizio alla mia avventura in terra asiatica. La partenza è stata da Sokcho, una città sul mare situata nel nord-est del paese, da dove avrei seguito un percorso che avrebbe costeggiato il confine con la Corea del Nord fino ad arrivare a Seul. Arrivato alla capitale mi sarei collegato alla famosa rete di piste ciclabili per raggiungere l'estremità sud della Corea. L'idea riguardo la prima parte del percorso mi era venuta leggendo un reportage su internet, dove veniva descritto un itinerario (e con la possibilità di scaricarne la traccia GPS) in cui veniva consigliato di visitare la zona nord del paese che, proprio a causa della vicinanza del pericoloso confine, era la meno abitata e quindi la più interessante dal punto di vista naturalistico. 
Però un conto è pianificare un tragitto sulla carta ed un altro è quello che accade quando finalmente ci si mette in strada... Infatti appena lasciata Sokcho una durissima salita,  temperature vicine ai 40° C e con un'umidità terribile, mi fanno subito capire che non sarà, neanche questa volta, una tranquilla gita in bicicletta! Sto pedalando tra le montagne del Seoraksan National Park e a rendere più accettabile la difficoltà della pedalata è la vista delle spettacolari formazioni granitiche che costeggiano il passo, dense foreste che ricoprono tutto il territorio e torrenti con acque trasparenti che formano splendidi specchi d'acqua. 
Purtroppo quello che nel reportage era definito come percorso ciclabile si rivela essere solo un itinerario consigliato da fare in bici, che però segue strade statali, in parte poco trafficate, ma, a volte, con un fastidioso passaggio di macchine e camion. La “goccia che fa traboccare il vaso” avviene il secondo giorno, quando, all'altezza dello stupendo lago Sunyani, mentre pedalo lungo una  strada che avrebbe dovuto essere abbandonata, mi ritrovo in mezzo ad una sorta di rally “privato”, incrociando macchine che mi sfrecciano vicinissimo a tutta velocità! A questo punto decido per  un cambio di programma: infatti sulla mappa è indicata che, con una deviazione di soli 25 km, posso collegarmi ad una delle famose piste ciclabili che portano a Seul. Il pegno da pagare per raggiungere la città di Chuncheon, da dove parte la ciclabile, però è piuttosto alto: infatti sarò costretto ad attraversare un tunnel di 5 km lungo una superstrada molto trafficata e, quando arrivo al suo ingresso e vedo la stretta linea d'emergenza, mi rendo conto che potrebbe essere molto pericoloso. Non avendo altre alternative, illuminato come un albero di Natale, mi avvio per imboccare la galleria, ma all'ingresso mi accorgo dell'esistenza di un marciapiede sopraelevato a circa un metro e mezzo di altezza. E' la mia salvezza! Con un considerevole sforzo sollevo la pesante bici sul marciapiede ed, essendo molto stretto, la spingo per 5 km lungo il tunnel. Dopo un'ora di cammino raggiungo l'uscita, mezzo annerito ed intossicato dai gas di scarico, ma felicissimo di averla scampata!
Il giorno seguente mi aspettava il responso che mi avrebbe detto se ne era valsa la pena fare tanti sforzi e correre dei rischi: già nella periferia dell'immensa metropoli di Chuncheon trovo molti volontari a pulire e sistemare il tragitto ciclo-pedonale che porta alla vera ciclabile e, quando arrivo al cartello che indica l'inizio della “Bukhangang River Bike Way”, di fronte a me ho una magnifica pista che serpeggia tra il lungo lago e le montagne, con passerelle  per l'attraversamento di torrenti e stagni, e pedalando passo di fianco a bagni (indicati con segnalazioni a chilometri di distanza) e chioschi per riposare. A meno di 10 km da Chuncheon mi ritrovo immerso nel nulla, senza macchine e strade intorno, a gustarmi appieno il piacere di andare in bicicletta e contento per la saggia decisione presa il giorno prima.
Naturalmente non è tutto rosa e fiori, innanzitutto le temperature e l'umidità elevatissime  sono veramente sfiancanti e non permettono di pedalare durante le ore centrali della giornata (nei 2 giorni che ho impiegato a raggiungere Seul hanno toccato i 44° C), e poi c'è il problema dell'orientamento: le indicazioni sono prevalentemente in coreano e pochissime persone parlano l'inglese; quindi, quando ci sono delle diramazioni della pista, l'unico modo per essere sicuro di avere preso la direzione giusta è  affidarsi al GPS. Oltretutto, probabilmente per ragioni di sicurezza/militari, non è possibile scaricare le mappe da Google Maps da utilizzare off-line e quindi, quando ci si ritrova (spesso) in zone senza campo, l'unica soluzione è  avere il percorso già salvato sul proprio dispositivo. Fortunatamente prima di partire avevo trovato in rete l'intera traccia GPS della ciclabile ed utilizzando un programma di navigazione (ViewRanger) sono riuscito a cavarmela. 
Senza questa tecnologia sarebbe stato tutto molto più difficile e stressante, tanto più che al termine della prima parte della ciclabile  mi aspettava l'ingresso a Seul, che con suoi quasi 11 milioni di abitanti, è una delle città più grandi al mondo. Comunque orientarsi non risulta così difficile, infatti la metropoli è divisa in due dal fiume Han e la pista da dove sto arrivando segue il suo corso, quindi è  sufficiente trovare  la giusta uscita dalla ciclabile per raggiungere l'alloggio dove dovrei passare un paio di giorni per dedicarmi alla scoperta della capitale. Purtroppo ci sono dei periodi dell'anno in cui la sua visita è sconsigliata: ad aprile a causa dei venti che portano dal nord le sabbie del deserto del Gobi mescolate con le polveri inquinate da metalli delle fabbriche cinesi e a luglio-inizi agosto quando l'umidità raggiunge i suoi massimi livelli e Seul è coperta da una cappa d'afa insopportabile. Decido quindi di rinviare la mia visita a fine agosto, quando tornerò per prendere il volo per l'Italia, e mi rimetto in moto in direzione sud.
Incomincio così a pedalare lungo la “Hangang + Namhangang Bike Route”, una delle quattro grandi vie ciclabili, nel complesso denominate “Four Rivers bike Paths”, che seguono il corso di  quattro (per l’appunto..) grandi fiumi coreani: l'Han, il Nakdong, il Geum ed il Bukhangang (del quale ho già percorso la sua tratta Chuncheon-Seul). Il tempo è decisamente cambiato: ha iniziato a piovere, in alcune giornate piuttosto intensamente, e le temperature si sono leggermente abbassate rendendo la pedalata più agevole. I panorami però rimangono incantevoli e anche senza il sole hanno il loro fascino, infatti le nuvole basse che rivestono in parte le montagne coperte dalle foreste, il lento scorrere del fiume reso color argilla dalle piogge e frequentato da miriadi di uccelli, mi fanno veramente apprezzare il modo di viaggiare di noi cicloturisti. Sono così tante volte lontano da tutto e da tutti che un giorno, non incontrando quasi nessuno e trovando anche molti negozi chiusi nei pochi villaggi attraversati, quando mi fermo a ripararmi dalla pioggia sotto un chiosco, all'udire dei boati in lontananza mi sale un angoscioso dubbio: non è che è scoppiata la guerra con la Corea del nord e nessuno mi ha avvisato? Grazie ad un controllo veloce delle news sullo smartphone (meno male che c'era campo), posso tranquillizzarmi e dedurre che quelle che avevo udito fossero state solamente esplosioni in miniera...
La scarsa conoscenza dell'inglese da parte dei coreani (se si esclude la popolazione di Seul) spesso è una barriera non solo per chiedere indicazioni o per ordinare del cibo, ma anche per comunicare con questo popolo  che più di una volta mi ha dimostrato la sua grande gentilezza: in coda per un traghetto mi sono state offerte delle pesche appena colte, al ristorante  il vicino di tavolo mi ha fatto arrivare un piatto da assaggiare e in più occasioni la gente mi ha aiutato, accompagnandomi, a trovare  sistemazioni economiche per la notte. Lasciata la città di Chungju mi si ripropone un altro episodio del genere: vengo affiancato da un ciclista che, incredibilmente, parla un po' di inglese, e che si offre di accompagnarmi fino in cima ad un passo, dove mi avrebbe offerto il pranzo in un ristorante che lui conosceva. Io lo ringrazio e vorrei declinare la sua gentilissima offerta, spiegandogli  che, con una mountain bike carica di bagagli, devo tenere una andatura molto lenta in confronto a lui  e lo costringerei ad una giornata di pedalata “penosa”; però non vuol sentire ragioni perché per lui è un onore pedalare con uno straniero che vuole visitare la sua terra!
A metà del percorso verso sud si trova Daegu, seconda città della Corea e con un'estensione (885 km quadrati) maggiore anche a quella di Seul, e me ne rendo conto quando, per evitare di attraversare la città, decido di fare una piccola parte (almeno, sulla carta) della pista ciclabile che la circonda: dopo ben 40 km extra riesco finalmente a raggiungere la guest-house che avevo prenotato per la notte! Oltre a volermi concedere un giorno di riposo in città, lo scopo della  sosta è  visitare il famoso mercato tradizionale e la  visita non viene affatto delusa in quanto ho modo di osservare bancarelle e negozietti che vendono strane radici, bottiglioni riempiti con liquidi di ogni colore, foglie ed erbe medicinali per guarire qualsiasi male, ed assaggiare una grande varietà di cibi tra i quali anche degli ottimi bachi da seta fritti... 
Da Daegu inizia la Nakdonggang River Bike Route che, in circa 250 km, porta fino a Busan, città portuale all'estremità sud della Corea, che devo raggiungere in 3 giorni perché voglio prendere un traghetto che mi porti alla Jeju Island, un'isola  dove conto di passare gli ultimi giorni. La distanza non è tanta, ma, ancora una volta, non sarà una pedalata facile. Il primo giorno  dei fortissimi acquazzoni mi costringono spesso a rifugiarmi in ripari di fortuna (orto di una casa di campagna, benzinaio, officina meccanica, cortile di un ristorante, stazione dei pompieri) e, soprattutto, non mi permettono di controllare  il GPS e quindi, per diverse volte, sbaglio completamente strada e mi tocca fare parecchi km  per tornare a recuperare la pista giusta. Quando a fine giornata decido di fermarmi perché incomincia a fare buio e sono completamente fradicio,   devo constatare che i km fatti sono solo 70 invece del centinaio preventivati, oltretutto solamente una sessantina quelli percorsi sulla pista giusta... 
Dopo una notte di fortissimi temporali, il mattino seguente è  nuvoloso e questo mi permette di tenere una buona andatura in maniera da recuperare i km non effettuati il giorno prima. Una durissima salita con pendenze oltre il 15 % dopo solo 10 km mi fa temere di non riuscire a coprire la distanza, ma poi la strada torna ad essere pianeggiante e, nonostante un ulteriore valico molto duro, verso le 16 vedo un cartello che indica che mancano  70 km a Busan. Se non insorgono altre complicazioni, è andata! 
Il giorno seguente  raggiungo la città senza alcuna difficoltà, con il solo rammarico di aver lasciato alle spalle un'altra bellissima pedalata tra foreste e laghi incantevoli, ma con una carta ancora da giocare: l'isola di Jeju, la località verso la quale mi sto imbarcando, viene comparata dalla guida come un miscela di Hawaii, Mediterraneo e Disneyland , e questo sembra essere confermato dai coreani stessi quando racconto loro della mia destinazione finale. Purtroppo il primo impatto è alquanto deludente: ho deciso di circumnavigarla in senso antiorario perché, su internet, lo consigliavano per pedalare a favore di vento, ma, oltre al vento contrario (naturalmente..) ed un tempo piovigginoso, i panorami della zona ovest sono piuttosto monotoni e, soprattutto, la ciclabile passa di fianco ad una strada molto trafficata. Ormai sono viziato dalla “Four River Bike Route” e solo in parte il ritorno delle belle giornate e le indiscutibili attrattive naturali dell'isola (l'alba sul cratere vulcanico di Seongsan Ilchulbong, le scogliere di basalto di Yongmeori, l'isola simil-caraibica di Udo e la più grande galleria lavica al mondo di Manjanggul) mitigano la nostalgia di pedalare nell'atmosfera magica della Corea rurale.
La soluzione però è a portata di mano perché, quando decido di non seguire più la ciclabile e di pedalare lungo le strade interne, il traffico scompare del tutto e mi ritrovo ancora a percorrere bellissime strade serpeggianti tra boschi e montagne, accompagnato solamente dal canto degli uccelli e dal frinire delle cicale. 

Ecco, lontano dalle folle e dalle macchine, ho ritrovato la Corea che amavo e che mi ha regalato uno tra i miei più bei viaggi in bicicletta.














































1 commento:

  1. Bel servizio , complimenti . Sono stato varie volte in Korea del Sud . Non c'erano le ciclabili , e sono stato veramente sorpreso dal vedere il filmato su Sky- Bike Chanel .
    Un paese che ha saputo crescere tanto e ordinatamente .
    Basta guardare la cura con cui è realizzata la ciclabile. Abbiamo solo da imparare .
    Il filmato fa vedere molto bene la vita fuori dal caos cittadino .

    Bravo

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